Pensioni, importi fermi da due anni
Perequazione pensioni 2017
Anche per il 2017 i trattamenti pensionistici non ottengono nessuna rivalutazione. Il decreto ministeriale Economia e Lavoro dal 17 novembre 2016 ha previsto la misura della rivalutazione definitiva 2015 a valere per le pensioni del 2016 e di quella provvisoria 2016 a valere da quest’anno. In entrambi i casi la percentuale è zero per cento.
Dunque gli importi di pensione in pagamento da questo mese sono uguali a quelli del 2016 ma con due eccezioni. La prima riguarda tutti e consiste in un conguaglio negativo “una tantum” per recuperare quanto erogato nel 2015. All’inizio di detto anno, infatti, era stato accordato un + 0,30% come adeguamento al costo della vita; l’andamento dei prezzi è risultato però ancora più basso: + 0,2%. Il conguaglio negativo dovrebbe essere effettuato con la mensilità di questo mese di gennaio, sempre che non ci sia un intervento normativo che posticipi il recupero (come si è fatto nel 2016) o lo sterilizzi definitivamente.
A questo riguardo occorre evidenziare che i pensionati sono passati da anni di blocco perequativo (2012 e 2013) a una rivalutazione nulla in termini di percentuale.
L’importo da recuperare comunque è contenuto. Chi ha importi fino a tre volte il minimo Inps (euro 502 mensili quest’anno) dovrà restituire lo 0,9% dell’assegno moltiplicato per 13 mensilità. Per esempio, per un importo lordo mensile di 1.400 euro significa restituire 18,20 euro.
Rivalutazione pensioni
Anche a fronte di valori positivi, l’adeguamento pieno all’inflazione viene riconosciuto solo per gli assegni pensionistici di importo fino a tre volte il minimo Inps. In base al meccanismo introdotto con effetto dal 2014 e prorogato fino al 2018, per gli importi superiori a tre volte il minimo e fino a quattro viene riconosciuto il 95% dell’inflazione; oltre quattro e fino a cinque il 75%; oltre cinque e fino a sei il 50%; oltre sei il 45% (Tabella A).
Il tema della rivalutazione delle pensioni negli ultimi anni è stato spesso al centro del dibattito. Dalla riforma Monti-Fornero (legge 214/2011) che ha bloccato la rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo, fino alla sentenza della Corte Costituzionale (n. 70/2015) che ha dichiarato l’illegittimità della norma stessa portando il Governo ad approvare un decreto (n. 65/2015 convertito nella legge n. 109/2015) per sanare la questione. Per gli anni 2012 e 2013 - nell’estate 2015 - c’è stata una restituzione assai parziale, mediamente meno del 12% del totale della mancata indicizzazione della perequazione (Tabella B).
Previsioni, richieste e adempimenti
50&Più Enasco ha puntualmente comunicato al Governo precedente e alle Commissioni Parlamentari il mancato rispetto degli effetti della sentenza n. 70/2015 dell’Alta Corte in merito alla restituzione di quanto illegittimamente trattenuto ai pensionati negli anni 2012/2013 e solo in parte recuperato. La soluzione da adottare prima che la stessa Corte si pronunci nuovamente, è quella che tutte le pensioni in essere debbano conservare nel tempo il loro potere di acquisto in modo consequenziale per garantire ai titolari la giusta prestazione adeguata.
A dare ragione a questa tesi sono intervenute nel frattempo le pronunce dei Tribunali di Palermo, Brescia, Milano, Napoli e Genova, oltre che le Corti dei Conti dell’Emilia Romagna, Marche e Abruzzo: rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale, hanno dichiarato che con il decreto 65 convertito nella legge 109/2015 sono stati intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale; diritti che trovano le proprie basi nei principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza sanciti dalla Costituzione con gli articoli 136, 38, 36, 3, 2, 23, 53 e 117 comma 1.
Le ordinanze con le quali sono stati rinviati gli atti sono ben motivate, riteniamo che l’Alta Corte possa accogliere i profili di illegittimità rilevati dalle citate ordinanze con conseguente pronunciamento in senso favorevole per gli assistiti.
È dunque necessario che tutti i pensionati, che hanno subito il blocco della perequazione e non si sono ancora attivati, si rivolgano ai nostri uffici del Patronato 50&Più Enasco (Brescia, via Bertolotti, 1 - 2° piano, tel. 030.3771785), per ottenere gratuitamente ogni chiarimento al riguardo e per inoltrare all’Inps la domanda di ricostituzione della pensione, utile per interrompere i termini di prescrizione.
14esima mensilità e “No tax area”
In attesa di tale previsione, nella legge di bilancio 2017 è stato previsto l’aumento della quattordicesima per chi già la percepisce e l’estensione a una nuova platea di pensionati.
L’incremento è intorno al 30% per i pensionati con un reddito fino a 752,00 euro lordi al mese che la 14esima già la ricevono. La “somma aggiuntiva” viene estesa a 1.200.000 pensionati con redditi fino a 1.003 euro lordi al mese circa, ma senza l’aumento del 30% (Tabella C).
In ogni caso, il risultato economico dell’aumento della 14esima mensilità è senza dubbio molto modesto rispetto alla richiesta dell’Associazione 50&Più, avanzata al Governo, di estendere ad una buona fascia di pensionati il bonus di 80 euro mensili già concesso ai lavoratori dipendenti in attività.
Sulla 14esima invece, per i pensionati che già la percepiscono, l’incremento mensile dell’importo è rispettivamente nelle tre fasce di: 8,41, 10,50 e 12,58 euro (mediamente 10,49 euro).
Mentre per coloro che la otterranno per la prima volta l’aumento della pensione mensile, sempre nelle tre fasce, è di: 28,00, 35,00 e 42,00 euro (mediamente 35,00 euro).
L’altra misura approvata per sostenere le pensioni basse, è l’equiparazione della soglia al di sotto della quale non si pagano le tasse, la cosiddetta “No tax area”. È stata alzata l’asticella fino a 8.125 euro l’anno per tutti i pensionati con un meccanismo analogo a quello previsto per i lavoratori dipendenti: fino a 8.125 euro di pensione niente tasse, la detrazione poi si riduce fino ad azzerarsi a 55.000 euro. Su 13.000 euro (livello massimo di reddito per ottenere la 14esima) il risparmio fiscale è esattamente pari a 5,24 euro mensili.
Tab. A I criteri di rivalutazione pensioni | ||
Importo pensioni | Dall’anno 2014 al 2018 | Dall’anno 2019 |
Fino a 3 volte il minimo Inps | Aumento del 100% Istat | Aumento del 100% Istat |
Oltre 3 e fino a 4 volte il minimo Inps | Aumento del 95% Istat | Aumento del 90% Istat |
Oltre 4 e fino a 5 volte il minimo Inps | Aumento del 75% Istat | |
Oltre 5 e fino a 6 volte il minimo Inps | Aumento del 50% Istat | Aumento del 75% Istat |
Oltre 6 volte il minimo Inps | Aumento del 45% Istat |
Tab. B COSA È ACCADUTO CON IL DECRETO N.65/2015 CONVERT.NELLA LEGGE N.109/2015 | |
RIVALUTAZIONE ANNO 2012 – TASSO ISTAT DEFINITIVO = 2,7% | |
Pensione a dicembre 2011 ( in euro) | Aumento spettante |
Fino a 1.443,00 (3 volte minimo Inps) | 2,7% (100% Istat) |
Da 1.443,01 a 1.893,40 (da 3 a 4 volte minimo Inps) | 1,08% (40% Istat) |
Da 1.893,41 a 2.354,40 (da 4 a 5 volte minimo Inps) | 0,54% (20% Istat) |
Da 2.354,41 a 2.817,61 (da 5 a 6 volte minimo Inps) | 0,27% (10% Istat) |
Oltre 2.817,61 (6 volte minimo Inps) | Nessuno aumento |
RIVALUTAZIONE ANNO 2013 – TASSO ISTAT DEFINITIVO = 3% | |
Pensione a dicembre 2012 (in euro) | Aumento spettante |
Fino a 1.486,29 (3 volte minimo Inps) | 3,0% (100% Istat) |
Da 1.486,30 a 1.947,09 (da 3 a 4 volte minimo Inps) | 1,20% (40% Istat) |
Da 1.947,10 a 2.419,43 (da 4 a 5 volte minimo Inps) | 0,60% (20% Istat) |
Da 2.419,44 a 2.894,66 (da 5 a 6 volte minimo Inps) | 0,30% (10% Istat) |
Oltre 2.894,66 (6 volte minimo Inps) | Nessun aumento |
Tab. C - COME CAMBIA LA 14ESIMA DAL 2017
PENSIONATI CON REDDITO PERSONALE FINO A 752,84 euro al mese* | ||
ANNI DI CONTRIBUZIONE | ||
Dipendenti | Autonomi | Importo |
Fino a 15 | Fino a 18 | 437 euro |
Oltre 15 e fino a 25 | Oltre 18 e fino a 28 | 546 euro |
Oltre 25 | Oltre 28 | 655 euro |
PENSIONATI CON REDDITO PERSONALE TRA 752,85 E 1.003,78 euro al mese** | ||
ANNI DI CONTRIBUZIONE | ||
Dipendenti | Autonomi | Importo |
Fino a 15 | Fino a 18 | 336 euro |
Oltre 15 e fino a 25 | Oltre 18 e fino a 28 | 420 euro |
Oltre 25 | Oltre 28 | 504 euro |
* Ipotesi di aumento del 30% per gli attuali beneficiari con reddito mensile fino a 752,84 euro, ovvero 1,5 volte il trattamento minimo Inps (circa 2,1 milioni di pensionati)
** Importi corrispondenti a quelli attuali per chi ha un reddito mensile oltre i 752,84 euro e fino a 1.003,78, ovvero 2 volte il trattamento minimo Inps (circa 1,2 milioni di pensionati)